martedì 3 novembre 2015

martedì 3 marzo 2015


DIWINE FOOD & le sue gite " Passeggiate gastronomiche culturali

Questa volta vi abbiamo portato con noi a visitare la terra della sirena Partenope.
Benvenuti ad un punto di vista speciale....
 
" NAPOLI SOTTOSOPRA"
 
 
TUNNEL BORBONICO


Il  tunnel  borbonico fu voluto da Ferdinando di Borbone a  scopo militare e per garantire una via di fuga alla famiglia reale in caso di pericolo.  Un lungo traforo sotterraneo che collegava il Largo della Reggia (odierna Piazza Plebiscito) a piazza della Vittoria, passando al di sotto della collina di Pizzofalcone. Il tunnel fu scavato entro il 1855 , dopo varie interruzioni, i lavori durarono 3 anni e fu inaugurato dal Re il 25 maggio di quell'anno, che rimase molto colpito dall'abilità dimostrata dall'architetto Errico Alvino nel superare, pur lasciandole in attività, 2 cisterne dell'acquedotto con la costruzione di due distinti ponti sotterranei che sono considerati un vanto dell'ingegneria ottocentesca europea.

 Tuttavia lo scavo non fu mai ultimato perché proprio nel 1855 s'interruppe per problemi morfologici, a poca distanza dal termine orientale, senza permettere dunque che sboccasse presso piazza Carolina. La morte del Re nel 1859, e le vicende storico-politiche che investirono il suo successore Francesco II delle Due Sicilie, ostacolarono la ripresa dello scavo, che rimase così incompiuto. Il percorso, nel secolo successivo, fu abbandonato, fino a quando durante la Seconda Guerra Mondiale alcuni ambienti sotterranei furono adoperati e allestiti come rifugio antiaereo dal Genio Militare, elettrificati e forniti di brandine, arnesi da cucina e una serie di latrine. Nel ricovero antiaereo infatti poteva accadere che i napoletani rimanessero anche per molti giorni. Nel dopoguerra fino agli anni settanta fu adibito a deposito giudiziario comunale dove fu ricoverato vario materiale, come masserizie, moto e auto sequestrate. Molti palazzi soprastanti intanto avevano adoperato le varie cave come discarica abusiva, gettandovi scriteriatamente ogni tipo di rifiuto tramite pozzi e aperture abusive.

 
 
 
Negli anni ottanta le cave Carafa furono adoperate come parcheggio e, durante gli scavi per la realizzazione della galleria della Linea Tranviaria Rapida in piazza del Plebiscito, il Tunnel fu intercettato per errore e comportò la riprogettazione dello scavo. Inoltre si tentò di rafforzare l'opera in corso iniettando nelle cavità materiali stabilizzanti. Dal 2005 la struttura è tornata all'attenzione dei geologi che lo hanno ispezionato, su incarico del Commissariato di Governo per l'Emergenza Sottosuolo. Nel 2007, furono riscoperti ulteriori ambienti e infine, dopo vari lavori di scavo e messa in sicurezza della struttura, il sito è stato aperto al pubblico dall'Associazione Culturale "Borbonica Sotterranea" il 29 ottobre 2010. Gli ambienti sommersi da metri e metri di detriti di vario genere sono ritornati allo stato originario, divenendo una rilevante attrazione turistica, grazie all'opera di volontari scavatori provenienti da tutte le zone della città e senza alcun contributo pubblico.

 Napoli "vista da sopra" dopo un ora e mezzo lungo il tunnel
                                     Castel dell' Ovo
 
 
 
PALAZZO ZEVALLOS
 
                                        I soci di Diwine Food a palazzo Zevallos

Il palazzo fu eretto tra il 1637 e 1639 da Cosimo Fanzago su volontà della famiglia fiamminga degli Zevallos che vollero per loro un palazzo nobiliare su via Toledo. Durante tutto il XVII secolo, il palazzo vide importanti restauri e modifiche sia degli ambienti Durante la prima metà del XIX secolo, a causa di alcuni dissidi interni alla famiglia Colonna di Stigliano che rilevarono la proprietà Zevallos, il palazzo viene smembrato, frazionato in più parti e ceduto in fitto ad inquilini diversi che non avevano alcun legame con la famiglia nobile. Diversi furono gli acquirenti che si impossessarono di una porzione del palazzo.
 
 

 Al banchiere Carlo Forquet andò il primo piano nobile; al cavaliere Ottavio Piccolellis andarono due ambienti del piano ammezzato; le restanti parti invece, furono messe in vendita solo dopo alcuni anni. Alla fine del XIX secolo, la "quota" dei Forquet fu acquistata dalla banca commerciale italiana e le restanti parti furono prelevate non prima del 1920. In questa data, l'edificio ritornò ad essere, dopo quasi un secolo, un unico palazzo adibito a banca Il palazzo è visitabile come appartamento nobiliare, disponendo anche di una galleria d'arte che conta circa 120 pezzi tra pitture e sculture.Subito dopo l'ingresso vi è il grande salone centrale, in stile eclettico, ricavato da un precedente cortile.

 
                               Uno splendido stucco al Piano Nobile del palazzo che rappresenta
                               "Leda e il Cigno"

Sulle sue pareti sono posti alcuni dipinti murali la copertura avviene tramite un lucernario vetrato decorato, mentre lo scalone d'onore monumentale, posto a destra, porta al piano superiore ed è decorato con grandi lampade e stucchi dorati di gusto ottocentesco. Al piano nobile dove risiede la quadrieria, sono ammirabili diversi dipinti e sculture di scuola napoletana sui qualo spiccano “Il martirio di S,Orsola del Caravaggio e un dipinto di Artemisia Gentileschi “Sansone e Dalila”
 
Uno stupendo dipinto di Francesco Mancini 
detto LORD
raffigurante il quartiere Li Parlati
 
" scugnizzi " di Vincenzo Gemito
 
A tutti i soci un enorme GRAZIE per la vostra partecipazione e dedizione alla nostra tradizionale uscita annuale... Alla prossima Avventura !!!

lunedì 3 giugno 2013

Caravaggio e dintorni

Se capitate come me a Napoli, vi prego non correte, prendetevi un attimo per guardarvi intorno e cercate di andare oltre ciò che di solito siete abituati a vedere. Salite per via dei tribunali in pieno Spaccanapoli, così viene chiamato volgarmente il Decumeno Inferiore, una arteria del centro antico della città che non vive ma vibra ! Tra palazzi dove il sole non si vede, stradine s'incrociano sotto archi e panni stesi, qui c'è uno dei grandi tesori d'arte della città che in troppo pochi conoscono.  Alle spalle della cattedrale di S.Gennaro in una traversa di via Duomo, difronte alla guglia restaurata, in un palazzo che timidamente è segnalato, c'è il Pio Monte Della Misericordia



Fondato 412 anni fa in un  contesto di totale disinteresse dei viceré per le condizioni del popolo, nasce a Napoli nel 1601 il Pio Monte della Misericordia.
L’istituzione si proponeva di esercitare le Opere di Misericordia ispirate al Vangelo. In modo del tutto personale, adattandole alle necessità del tempo, le attività in origine, si dividevano in:
1) Visitare gli infermi.
2) Seppellire i morti.
3) Liberare i carcerati.
4) Redimere i cattivi (liberare, tramite il pagamento del riscatto, gli uomini fatti schiavi dai turchi, colpevoli di numerose incursioni nel Regno).
5) Sostenere i poveri vergognosi (riferita alle opere del dar da mangiare agli affamati, dar  da bere agli assetati e vestire gli ignudi).
6) Ospitare i pellegrini.
7) Patrimonio (gestione economica dell’ente)
 
Nel 1856 essendo terminate le incursioni dei turchi nel Mediterraneo si decise di sostituire l’opera di riscattare gli schiavi: l’esigenza sociale del momento era aiutare quelle giovani donne che per miseria o per obbligo erano costrette alla prostituzione.

Ed è qui che all'interno della chiesa a pianta ottagonale, in uno degli altari si trova uno dei quadri più belli del Caravaggio "Le sette opere della misericordia" commissionatogli proprio per esaltare l'operato dell'ente dipinto tra il 1606 e il 1607 . L'effetto della grande tela sullo spettatore è qualcosa di personale, la forza della luce nelle ali dell'angelo che vien fuori da un'atmosfera buia e una serie di particolari e volti , non possono lasciare indifferente nemmeno chi di arte è a digiuno. Con gli anni e le varie evoluzioni politiche e sociali, il Pio Monte della Misericordi si è trasformato ed ha aggiunto una collezione di dipinti, mobili e scritti che viene conservata al piano superiore nella Quadreria.
 
 
 
Dopo la visita fermatevi per un caffè, di quelli buoni, napoletani DOC e fatevelo servire da chi lo farà con un buongiorno ed un sorriso, infatti a 10 mt c'è la "caffetteria Caravaggio". Due anni fa ci capitai per caso quando era aperto da nemmeno un mese, da allora è tappa fissa ogni volta che ripasso da sola o in compagnia. La sua proprietaria Daniela mi accolse con la cordialità che distingue le persone solari e mi parlò della scelta del nome del suo bar come omaggio al pittore, al Pio Monte e a quella strada così degradata eppure ricca di arte e cultura, dove i motorini sfrecciano veloci su una strada tutt'altro che dritta e le signore calano giù dal balcone "o panare" per la spesa, dove la facciata turistica è un po' più su...a via duomo, S Gregorio Armeno e il Decumeno Maggiore.  E poi mangiatevela una pizza ! Quella fritta e piegata in un foglio di carta pane e camminate tra archi, guglie, panni stesi, cornetti e statuine di Totò, avete un'ampia scelta di pizzerie Sorbillo,Decumeni, il Presidente... certo poi ricordatevi sempre che Napoli è Napoli, una città grande come le altre, dove non vi sognereste di comprare in strada un I-Phone5 per 100€, quindi perché rincretinirsi proprio qua? Godetevi la passeggiata , la cultura e la gastronomia di questi posti e respirate forte ... meglio se lo fate al parco di Capodimonte ma insomma ci siamo capiti !!!
 
 
Ci si vede tutti al Wine bar allora :)
 

domenica 31 marzo 2013

A' Pastiera

Currite, giuvinò! Ce stà ‘a pastiera!”
E’ nu sciore ca sboccia a primmavera,
e con inimitabile fragranza
soddisfa primm ‘o naso,e dopp’a panza.
Pasqua senza pastiera niente vale:
è ‘a Vigilia senz’albero ‘e Natale,
è comm ‘o Ferragosto senza sole.
Guagliò,chest’è ‘a pastiera.Chi ne vuole?
Ll’ ingrediente so’ buone e genuine:
ova,ricotta,zucchero e farina
(e’ o ggrano ca mmiscato all’acqua e’ fiori
arricchisce e moltiplica i sapori).
‘E ttruove facilmente a tutte parte:
ma quanno i’ à fà l’imposto,ce vò ll’arte!
A Napule Partenope,’a sirena,
c’a pastiera faceva pranzo e cena.
Il suo grande segreto ‘o ssai qual’è?
Stu dolce pò ghì pure annanz’ o Rre.
E difatti ce jette. Alludo a quando
il grande Re Borbone Ferdinando
fece nu’ monumento alla pastiera,
perchè facette ridere ‘a mugliera.
Mò tiene voglia e ne pruvà na’ fetta?
Fattèlla: ccà ce stà pur’ a ricetta.
Màngiat sta pastiera,e ncopp’ a posta
dimme cumm’era: aspetto na’ risposta.
Che sarà certamente”Oj mamma mia!
Chest nunn’è nu dolce: è na’ poesia
 
 
 
 
Aneddoti e storia....
 
Si racconta che Maria Teresa D'Austria, consorte del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai", cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione, nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il Re esclamasse: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".

La pastiera accompagnava le feste pagane che celebravano il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l’uovo, simbolo di vita nascente.
La tradizione del grano o farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe invece derivare dal pane di farro delle nozze romane, dette appunto ” confarratio “.
Un’altra ipotesi la fa risalire alle focacce rituali che si diffusero all’epoca di Costantino il Grande, derivate dall’offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.
Tra le storie piu’ popolari legate a questo tradizionale dolce partenopeo, vi e’ quella legata al mito della Sirena Partenope che con il suo canto allietava gli abitanti di quella città che sarebbe divenuta Neapolis e poi Napoli, e che vollero renderle omaggio regalandole i doni della loro fertile terra:
la farina, forza e ricchezza della campagna
la ricotta, omaggio dei pastori e delle pecore;
le uova, simbolo della vita che da sempre si rinnova;
il grano tenero, bollitonel latte, a prova dei due regni della natura;
l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra solevano renderle omaggio;
le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo;
ed infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal suo canto, in cielo, in terra, ed in tutto l’universo.
La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno nel suo regno e cosi’ e depose le preziose offerte ai piedi degli dei. Questi, estasiati dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza e bonta’ il canto della stessa Partenope
 
 
ed ora veniamo alla ricetta, quella di casa mia, dove si inizia a lavorare alla pastiera 2gg prima con la cottura del grano messo prima ad ammollare e che una volta cotto si lascia riposare nella pentola ancora calda e avvolta in una coperta di lana, perché il grano "addà sciurì" e prosegue con la pasta frolla fatta con la scorza di limoni e arance grattuggiate e un pizzico di vanillina perché deve essere profumata come la bella stagione...
 
 - 1 kg. di pasta frolla
- 700 gr. di ricotta
- 400 gr. di grano cotto (messo a bagno la sera prima e cotto per 30 minuti e lasciato riposare)
- 500 gr. di zucchero
- 1 limone
- 50 gr. di cedro candito
- 50 gr. di arancia candita
- 50 gr. di zucca candita (si chiama”cucuzzata”) oppure altri canditi misti
- 100 gr. di latte
- 30 gr. di burro o strutto
- 5 uova intere e 2 tuorli
- 1 bustina di vaniglia
- 1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio
- 1 pizzico di cannella (facoltativo)
 
La pastiera è il dolce di Pasqua tipico e per eccellenza della nostra regione, opulento...ricco e fantasioso. Non tutti lo sanno ma la pastiera si mangia anche per l'epifania celebra la nascita del bambinello e la sua resurrezione , il grano è il suo ingrediente principe, di buono auspicio perché quando cuoce raddoppia il suo volume
 
Dal DiwineFood Tanti Auguri di una buona Pasqua e felice Pasquetta !!!
 
 

lunedì 25 marzo 2013

ATRANI...

Domenica 24 Marzo in occasione delle giornate del FAI, siamo stati ad Atrani il secondo più piccolo comune d'Italia per estensione e perla della nostra costiera. Stretta tra il monte Civita ad est ed il monte Aureo ad ovest, Atrani si estende lungo la valle del fiume Dragone, cosiddetto per  la leggenda che vuole un terribile drago sputa fuoco, nascosto in quei luoghi.

 
Rapiti dalla bellezza dei suoi vicoletti e scale strette che salgono ripide fino al monte Aureo, passando tra case sovrapposte che nascondono archi, bifore e cappelle votive... in questo luogo il tempo sembra essersi fermato e l'odore della biancheria stesa ad asciugare ci porta alla realtà di un paese vivo


 
 
 
La prima chiesa che ci siamo prefissi di visitare è quella di S.Maria del  Bando posta a 1500 gradini dalla piazza

 
Edificata nel X secolo in cima al monte Aureo, fu sottoposta a restauri tra il XII ed il  XIII secolo, presenta motivi decorativi tipici di quell'epoca. La chiesa è ad aula unica con una piccola sagrestia, il pavimento messo in opera nel XIX secolo, è in maioliche quadrate a motivi geometrici, proveniente dalla collegiata di Santa Maria Maddalena (la chiesa maggiore di Atrani, presenta cupole maiolicate e visibile dalla statale che attraversa il paese) . La chiesa è chiamata così perché la leggenda tramanda che la Vergine, concesse la grazia ad un uomo bandito ingiustamente e condannato all'impiccagione. L'episodio è ritratto nell'affresco quattrocentesco posto sull'altare, dove sono raffigurati la Madonna col Bambino e sul lato sinistro, un uomo in procinto di essere impiccato. Secondo un'altra versione, il nome deriva dal fatto che da quell'alta rupe, grazie ad un'acustica particolare, venivano banditi al popolo i nomi degli eletti al ducato. All'interno dell'edificio è conservata un'urna cineraria di marmo bianco, risalente agli anni della dinastia Giulio–Claudia e appartenuta ad un liberto di Claudio o di Nerone. L'epigrafe dell'urna testimonia l'affrancamento che un liberto imperiale concedeva ad una donna che, di conseguenza, assumeva il gentilizio della casa regnante divenendo, spesso, moglie del suo padrone (usanza particolarmente frequente nel periodo tra Augusto e Marco Aurelio)

                                
 
La seconda chiesa invece la s'incontra proprio in pizza ed'è quella di San Salvatore dè Birecto
 
Costruita nel X secolo la chiesa ha pianta quadrata con pronao antistante ed è suddivisa in tre navate con volte a botte. In origine era orientata ad ovest (con ingresso in Via Arte della Lana). In epoca barocca venne realizzata l'attuale facciata con l'orologio, la scalinata e l'atrio. Al tempo della Repubblica di Amalfi la chiesa era la cappella palatina dove venivano incoronati i suchi e dove si depositavano le loro ceneri. Le testimonianze più antiche sono: una pietra tombale del XIV secolo raffigurante la nobil dama atranese Filippa Napolitano; una lastra marmorea del XII secolo raffigurante due pavoni con arpie, il pavone sacro a Giunone, era venerato da molti popoli orientali: in quanto simbolo della vanità e dell'orgoglio, ben rappresentava le qualità preponderanti nei nobili di Amalfi; era però anche simbolo di resurrezione. Le porte di bronzo, realizzate nel 1087, donate alla chiesa dal nobile atranese Pantaleone Viarecta, lo stesso che aveva inviato vent'anni prima la porta del Duomo amalfitano, suddivise in formelle di pregevole valore artistico, contengono l'effigie di Cristo, quella della Madonna e di alcuni Santi. Attualmente sono custodite presso la chiesa di Santa Maria Maddalena.
 




 
 



 
 E per finire in bellezza uno scorcio del mare di "scirocco" e della spiaggia di Atrani
 
 
 
 


lunedì 18 febbraio 2013

Convento di S.Domenico...S.Maria ad Castra

La chiesa di S.Domenico o "S.Maria a Castro" è un antico complesso originariamente dedicato a S.Maria delle Grazie. Sorge sull'altura della valle detta "Campo" dalla quale si domina con lo sguardo tutto l'orizonte fino alla punta Campanella, con i faraglioni di Capri e l'isolotto de Li Galli, a levante si affaccia sulla frazione di Vettica Maggiore con la zona detta di Costantinopoli fino a salire in alto con le località di "Cerasulo e Colle Serra" che s'incontrano percorrendo le strade di montagna dette il "Sentiero degli Dei". Con 1 ora di cammino, percorrendo il sentiero di S.Giuseppe che parte da Vettica Maggiore, si arriva in questo splendido luogo




Le origini della chiesa sono sconosciute per la mancanza di documentazioni ufficiali, tra le varie ipotesi quella più attendibile , si rifà all'origine della parola "Castro o Castra" che vuol dire  località fortificata contro le incursioni". La leggenda che si tramanda in uno scritto del 1848 ad opera del parroco locale, vuole che la chiesa sia stata costruita dopo il ritrovamento dell'immagine della Beata Vergine delle Grazie, ad opera di una contadina di Cerasulo che pascolava le vacche. Ma una cosa sono le leggende, altra la storia...


Particolare dell'affresco attribuito a Giacomo de Pansco pittore praianese del 1400
 
 


 



 
Notizie certe della chiesa risalgono al 1439, successivamente nel 1599 questa fu donata ai padri predicatori dell'ordine dei domenicani e per onorare tale donazione, fu costruito il cenobio per ospitarli ed all'interno della chiesa fu eretto l'altare a S.domenico nella navata più a sud che affaccia sul mare e che fu ricavata dalla chiusura del porticato pre-esistente. Con l'insediamento dei domenicani furono apportate notevoli e molteplici modifiche interne ed esterne al complesso, le due navate della chiesa primitiva adiacenti al campanile, furono chiuse ed adibite al seppellimento dei morti, come confermato dal ritrovamento di nicchie "scolatoi" e successivamente come deposito.
 


"Nicchia Scolatoio"

Oggi la chiesa si presenta a tre navate, il suo soffitto con volte a crociera e a botte, denota che fu costruita in epoche diverse, il pavimento battuto in calce e lapilli, al quale successivammente furono aggiunte alcune lapidi in marmo, risulta in ottimo stato di conservazione.
 
 
Agli inizi del 1700 ulteriori lavori di manutenzione , portarono a ricoprire l'intero complesso con un tetto spiovente ricoperto da tegole e coppi fatti arrivare via mare da Salerno ad opera delle imbarcazioni del luogo e trasportati a spalle come le travi di legno provenienti dalle montagne di Agerola, ad opera di volontari devoti. Ed arriviamo fino ai  nostri giorni con i lavori di restauro compiuti nel 1994 , che portarono alla luce diversi affreschi del 1400 presenti nelle absidi delle navate (in particolae nelle  due navate adiacenti al campanile) che nel corso degli anni furono ricoperti dall'intonaco e da un altare in stucco nel 1781.
Lo "Stipo" dove veniva messa la statua del santo quando non esposta
 
 
particolare affrescato della cornice dello "Stipo"


particolari degli affreschi nelle due navate adiacenti il campanile
 
navata laterale sx "S.M delle Grazie" resti dell'altare del 1781 che copriva l'affresco del 1400
 
Veduta del complesso di S.Maria al Castro, salendo al "colle serra"
 
Piccole curiosità...
il termine napoletano "puozz sculà" deriva proprio dalle nicchie e dai sedili scolatoi, dove venivano posti i morti a colare, cioè perdere tutti i fluidi.
Il convento di S.domenico oggi è disabitato, dopo secoli di intensa attività e devozione, resiste il culto e  la devozione popolare della gente di Praiano e Vettica Maggiore, che ogni 4 agosto salgono in pellegrinaggio per il sentiero ripido,  fino alla chiesa di S.Maria al castro per le messe (la prima alle 6 del mattino) e la processione, in onore di S.Domenico. Inoltre la zona sottostante ed adiacente al convento, è coltivata a viti e ulivi, sempre viva grazie ai contadini locali che coltivano questi terrazzamenti antichi non lasciandoli andare in rovina
 

 
 Per tutti quelli interessati a visitare questo splendido luogo, sappiate che il comune di Praiano dispone di un valente ufficio turistico posto sulla statale che attraversa il paese vicino al "bar del sole" e inoltre spettacolare la luminaria di S.Domenico che ogni anno nei giorni che precedono la festa del santo, da vita al paese con suggestione e tradizione.
 
Un Grazie speciale ai membri dell'associazione che ci hanno accompagnato domenica 17 febbraio, nella nostra escursione
GRAZIE  ad un grande fotografo , storico e uomo di memorie antiche praianesi .... che è GIOVANNI SCALA ,  per le informazioni storiche che ci ha fornito