domenica 31 marzo 2013

A' Pastiera

Currite, giuvinò! Ce stà ‘a pastiera!”
E’ nu sciore ca sboccia a primmavera,
e con inimitabile fragranza
soddisfa primm ‘o naso,e dopp’a panza.
Pasqua senza pastiera niente vale:
è ‘a Vigilia senz’albero ‘e Natale,
è comm ‘o Ferragosto senza sole.
Guagliò,chest’è ‘a pastiera.Chi ne vuole?
Ll’ ingrediente so’ buone e genuine:
ova,ricotta,zucchero e farina
(e’ o ggrano ca mmiscato all’acqua e’ fiori
arricchisce e moltiplica i sapori).
‘E ttruove facilmente a tutte parte:
ma quanno i’ à fà l’imposto,ce vò ll’arte!
A Napule Partenope,’a sirena,
c’a pastiera faceva pranzo e cena.
Il suo grande segreto ‘o ssai qual’è?
Stu dolce pò ghì pure annanz’ o Rre.
E difatti ce jette. Alludo a quando
il grande Re Borbone Ferdinando
fece nu’ monumento alla pastiera,
perchè facette ridere ‘a mugliera.
Mò tiene voglia e ne pruvà na’ fetta?
Fattèlla: ccà ce stà pur’ a ricetta.
Màngiat sta pastiera,e ncopp’ a posta
dimme cumm’era: aspetto na’ risposta.
Che sarà certamente”Oj mamma mia!
Chest nunn’è nu dolce: è na’ poesia
 
 
 
 
Aneddoti e storia....
 
Si racconta che Maria Teresa D'Austria, consorte del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai", cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione, nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il Re esclamasse: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".

La pastiera accompagnava le feste pagane che celebravano il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l’uovo, simbolo di vita nascente.
La tradizione del grano o farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe invece derivare dal pane di farro delle nozze romane, dette appunto ” confarratio “.
Un’altra ipotesi la fa risalire alle focacce rituali che si diffusero all’epoca di Costantino il Grande, derivate dall’offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.
Tra le storie piu’ popolari legate a questo tradizionale dolce partenopeo, vi e’ quella legata al mito della Sirena Partenope che con il suo canto allietava gli abitanti di quella città che sarebbe divenuta Neapolis e poi Napoli, e che vollero renderle omaggio regalandole i doni della loro fertile terra:
la farina, forza e ricchezza della campagna
la ricotta, omaggio dei pastori e delle pecore;
le uova, simbolo della vita che da sempre si rinnova;
il grano tenero, bollitonel latte, a prova dei due regni della natura;
l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra solevano renderle omaggio;
le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo;
ed infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal suo canto, in cielo, in terra, ed in tutto l’universo.
La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno nel suo regno e cosi’ e depose le preziose offerte ai piedi degli dei. Questi, estasiati dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza e bonta’ il canto della stessa Partenope
 
 
ed ora veniamo alla ricetta, quella di casa mia, dove si inizia a lavorare alla pastiera 2gg prima con la cottura del grano messo prima ad ammollare e che una volta cotto si lascia riposare nella pentola ancora calda e avvolta in una coperta di lana, perché il grano "addà sciurì" e prosegue con la pasta frolla fatta con la scorza di limoni e arance grattuggiate e un pizzico di vanillina perché deve essere profumata come la bella stagione...
 
 - 1 kg. di pasta frolla
- 700 gr. di ricotta
- 400 gr. di grano cotto (messo a bagno la sera prima e cotto per 30 minuti e lasciato riposare)
- 500 gr. di zucchero
- 1 limone
- 50 gr. di cedro candito
- 50 gr. di arancia candita
- 50 gr. di zucca candita (si chiama”cucuzzata”) oppure altri canditi misti
- 100 gr. di latte
- 30 gr. di burro o strutto
- 5 uova intere e 2 tuorli
- 1 bustina di vaniglia
- 1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio
- 1 pizzico di cannella (facoltativo)
 
La pastiera è il dolce di Pasqua tipico e per eccellenza della nostra regione, opulento...ricco e fantasioso. Non tutti lo sanno ma la pastiera si mangia anche per l'epifania celebra la nascita del bambinello e la sua resurrezione , il grano è il suo ingrediente principe, di buono auspicio perché quando cuoce raddoppia il suo volume
 
Dal DiwineFood Tanti Auguri di una buona Pasqua e felice Pasquetta !!!
 
 

lunedì 25 marzo 2013

ATRANI...

Domenica 24 Marzo in occasione delle giornate del FAI, siamo stati ad Atrani il secondo più piccolo comune d'Italia per estensione e perla della nostra costiera. Stretta tra il monte Civita ad est ed il monte Aureo ad ovest, Atrani si estende lungo la valle del fiume Dragone, cosiddetto per  la leggenda che vuole un terribile drago sputa fuoco, nascosto in quei luoghi.

 
Rapiti dalla bellezza dei suoi vicoletti e scale strette che salgono ripide fino al monte Aureo, passando tra case sovrapposte che nascondono archi, bifore e cappelle votive... in questo luogo il tempo sembra essersi fermato e l'odore della biancheria stesa ad asciugare ci porta alla realtà di un paese vivo


 
 
 
La prima chiesa che ci siamo prefissi di visitare è quella di S.Maria del  Bando posta a 1500 gradini dalla piazza

 
Edificata nel X secolo in cima al monte Aureo, fu sottoposta a restauri tra il XII ed il  XIII secolo, presenta motivi decorativi tipici di quell'epoca. La chiesa è ad aula unica con una piccola sagrestia, il pavimento messo in opera nel XIX secolo, è in maioliche quadrate a motivi geometrici, proveniente dalla collegiata di Santa Maria Maddalena (la chiesa maggiore di Atrani, presenta cupole maiolicate e visibile dalla statale che attraversa il paese) . La chiesa è chiamata così perché la leggenda tramanda che la Vergine, concesse la grazia ad un uomo bandito ingiustamente e condannato all'impiccagione. L'episodio è ritratto nell'affresco quattrocentesco posto sull'altare, dove sono raffigurati la Madonna col Bambino e sul lato sinistro, un uomo in procinto di essere impiccato. Secondo un'altra versione, il nome deriva dal fatto che da quell'alta rupe, grazie ad un'acustica particolare, venivano banditi al popolo i nomi degli eletti al ducato. All'interno dell'edificio è conservata un'urna cineraria di marmo bianco, risalente agli anni della dinastia Giulio–Claudia e appartenuta ad un liberto di Claudio o di Nerone. L'epigrafe dell'urna testimonia l'affrancamento che un liberto imperiale concedeva ad una donna che, di conseguenza, assumeva il gentilizio della casa regnante divenendo, spesso, moglie del suo padrone (usanza particolarmente frequente nel periodo tra Augusto e Marco Aurelio)

                                
 
La seconda chiesa invece la s'incontra proprio in pizza ed'è quella di San Salvatore dè Birecto
 
Costruita nel X secolo la chiesa ha pianta quadrata con pronao antistante ed è suddivisa in tre navate con volte a botte. In origine era orientata ad ovest (con ingresso in Via Arte della Lana). In epoca barocca venne realizzata l'attuale facciata con l'orologio, la scalinata e l'atrio. Al tempo della Repubblica di Amalfi la chiesa era la cappella palatina dove venivano incoronati i suchi e dove si depositavano le loro ceneri. Le testimonianze più antiche sono: una pietra tombale del XIV secolo raffigurante la nobil dama atranese Filippa Napolitano; una lastra marmorea del XII secolo raffigurante due pavoni con arpie, il pavone sacro a Giunone, era venerato da molti popoli orientali: in quanto simbolo della vanità e dell'orgoglio, ben rappresentava le qualità preponderanti nei nobili di Amalfi; era però anche simbolo di resurrezione. Le porte di bronzo, realizzate nel 1087, donate alla chiesa dal nobile atranese Pantaleone Viarecta, lo stesso che aveva inviato vent'anni prima la porta del Duomo amalfitano, suddivise in formelle di pregevole valore artistico, contengono l'effigie di Cristo, quella della Madonna e di alcuni Santi. Attualmente sono custodite presso la chiesa di Santa Maria Maddalena.
 




 
 



 
 E per finire in bellezza uno scorcio del mare di "scirocco" e della spiaggia di Atrani